3.5 Lavorare ad arte

Medioevo e Rinascimento ci hanno lasciato testimonianze artistiche fondamentali per l’arte di tutto il mondo, che possiamo interpretare anche come “fotografie” di una Siena viva e operosa. La celebre Allegoria del Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti ci restituisce, ad esempio, innumerevoli esempi di mestieri come il calzolaio, il sarto, la treccola, con una dovizia di dettagli e di verità impressionanti. Lo stesso accade con gli affreschi del Pellegrinaio del Santa Maria della Scala dove l’imponente lavoro della “macchina” ospedaliera viene raccontato puntualmente da Domenico di Bartolo. Che dire poi del particolarissimo Museo delle Biccherne all’interno dell’Archivio di Stato, che con i dettagli e le particolarità delle sue opere, può raccontarci storie dal passato.

Museo Civico – Sala della Pace

Il Governo dei Nove commissionò ad Ambrogio Lorenzetti la realizzazione del ciclo della Sala della Pace nel 1337 con l’intento di presentare alla città un manifesto politico in immagini del proprio operato. Il ciclo, di straordinaria complessità figurativa e contenutistica, si snoda su tre pareti della sala con l’Allegoria del Buongoverno ed i suoi effetti in città e in campagna e l’Allegoria del cattivo governo con i suoi effetti.

La parete che maggiormente si presta a raccontarci come si svolgeva la vita a Siena nel Trecento è quella degli Effetti del Buongoverno, sulla quale si snodano le rappresentazioni dei mestieri, ma anche degli svaghi e della vita quotidiana di una città medievale.

A partire dalla sinistra sotto all’arcata del palazzo ci sono degli uomini che giocano probabilmente a dadi all’interno di una taverna, seguendo l’andamento in salita della strada si incontra un sarto che cuce seduto su una panca e la bottega di un cambiavalute, mestiere molto praticato a Siena.

Sotto agli archi del palazzo al centro del dipinto si nota poi la bottega del calzolaio, dove si confezionano e vendono scarpe in cuoio e calze suolate. Verso destra, accanto allo studium, la bottega del pizzicaiolo, con salumi e forme di formaggio appese e pronte per la vendita.

Più in alto, vicino alla porta cittadina, dei lavoratori della lana stanno cardando la materia prima e sistemando un tessuto.

Vicino alle mura le professioni sono più umili e legate alla campagna: un pastore e un trasportatore con i loro animali, ma anche due treccole, che portano in città pollame, uova o altri alimenti da loro acquistati in campagna, per venderli al minuto.

Ma anche sopra i tetti ferve il lavoro: muratori e manovali, anche donne, che lavorano “in quota” alla costruzione di una torre in mattoni, forse proprio la Torre del Mangia, avviata proprio nel periodo di realizzazione di questo affresco.

Santa Maria della Scala – Pellegrinaio

L’ospedale Santa Maria della Scala, attestato nelle fonti fin dal 1090, fu per secoli luogo di accoglienza di stranieri in transito lungo la Via Francigena, ma anche luogo di assistenza per i bisognosi della città. Tra il 1440 e il 1444 il rettore dello Spedale, Giovanni Buzzichelli, commissionò a vari pittori senesi gli affreschi del Pellegrinaio degli uomini, locale di accoglienza per i pellegrini, ma anche luogo di rappresentanza dell’istituzione.

Sulla parete sinistra del Pellegrinaio spicca il racconto della storia dell’ospedale, mentre sulla parete destra Domenico di Bartolo, pittore senese, “fotografò” la vita all’interno dell’ospedale.

La prima scena, più vicina alla finestra, descrive in maniera minuziosa la cura degli infermi. I personaggi rappresentati con la veste nera e una sopravveste rosata sono gli inservienti dell’ospedale, che si adoperano a pulire ferite o trasportare bare, mentre un opulento frate sulla destra riceve la confessione di un moribondo.

Le scene successive, la distribuzione delle elemosine e la cura dei gittatelli, ci raccontano con dovizia di particolari le attività assistenziali dell’ospedale nei confronti dei poveri e dei bambini abbandonati, che venivano curati, educati e avviati al matrimonio, se femmine, o al lavoro, se maschi. Gli affreschi ci restituiscono con abbondanza di dettagli realistici la complessità della macchina organizzativa dell’ospedale, nel quale lavoravano centinaia di persone addette a svariate mansioni, da quelle più propriamente mediche a quelle relative all’approvvigionamento di viveri, fino ad arrivare alle balie o ai maestri. Una struttura complessa e ricca che per secoli si è occupata del supporto alle categorie più svantaggiate e agli infermi.

Archivio di Stato di Siena – Museo delle Biccherne

All’interno dell’Archivio di Stato di Siena si trova un museo che è un gioiello unico nel suo genere: il Museo delle Biccherne. L’ufficio della Biccherna a Siena era organo finanziario dello stato senese e nel 1257, per la prima volta, decise di far dipingere, alla chiusura del semestre di lavoro, la copertina del relativo registro contabile.

Nata come esigenza pratica per la corretta archiviazione della documentazione, la realizzazione delle copertine divenne una consolidata tradizione per quattro secoli e fu anche estesa ad altri uffici come quello di Gabella. A capo dell’ufficio di Biccherna per lungo tempo furono i monaci dell’Abbazia di San Galgano, garanzia di capacità e onestà, successivamente i camarlinghi e i provveditori di Biccherna furono membri delle famiglie importanti di Siena.

In molte tavolette furono rappresentati al lavoro i responsabili della Biccherna: nella prima tavoletta del museo, ad esempio, fu effigiato Don Ugo, monaco cistercense di San Galgano e anche camerlengo per il secondo semestre del 1258. Così anche nelle tavolette 2, 4, 6, 7 e 9 sono ancora presentati monaci con sacchi di monete o registri contabili, in atto quindi di svolgere il proprio lavoro. Più avanti, nelle tavolette 15, 17, 20-22, la rappresentazione dell’ufficio di Biccherna diventa sempre più realistica, con la presenza di banconi, forzieri, strumenti di misurazione delle monete e sala d’aspetto.

Il mondo della finanza senese è qui finemente descritto e ci rimanda anche al mestiere dei tanti cambiavalute che avevano la propria bottega, cioè il proprio banco, lungo le principali arterie cittadine, le odierne via Banchi di Sopra e via Banchi di Sotto.

Testi a cura di: Martina Dei
Coordinamento editoriale: Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Archivio Comune di Siena e Laonardo Castelli
Grafica: Michela Bracciali

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