5.6 Pecorino senese: il formaggio del Papa

«È particolarmente delicato e buono». Lo aveva annotato così, nel ‘400, nei suoi Commentarii, Papa Pio II, il pontefice di Pienza. Una recensione ante litteram potremmo dire oggi. Ma quella di Enea Silvio Piccolomini, dopo aver assaggiato il Cacio uno dei prelibati formaggi pecorini delle Crete e della provincia Senese, resta sicuramente un prestigioso attestato che testimonia la tradizione, la qualità, la conoscenza, di un prodotto che ha fatto la storia della produzione agroalimentare e di un prodotto che non può mancare nei ristoranti e nelle tavole di tutti i giorni. Un grande buongustaio di formaggio pecorino Pio II, tanto che esistono documenti che testimoniano come facesse marchiare le forme che provenivano dai poderi migliori per poterle riconoscere e non farsele scappare.

Ma i formaggi e i prodotti realizzati con latte ovino, sono da sempre stati presenti in questo territorio. La pastorizia come fondamentale attività per la sopravvivenza dell’uomo. Questo tipo di “cacio” risalirebbe addirittura al periodo Neolitico, come sembrano dimostrare dei recipienti per la lavorazione del latte trovati in un villaggio preistorico nei pressi di Pienza. Pensiamo agli Etruschi: la praticavano negli stessi prati dove ancora oggi pascolano le pecore; i moderni allevamenti e caseifici si trovano talvolta accanto ai resti di quell’antica civiltà. È in epoca etrusca, infatti, che si perfezionò l’arte della caseificazione, per rispondere alla necessità di conservare un alimento dall’alto valore nutritivo come il latte. Con questo obiettivo, gli Etruschi furono i primi ad usare cagli vegetali e a produrre forme di grandi dimensioni, adatte a sfamare una famiglia per un lungo periodo.

Anche Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, racconta che gli Etruschi erano soliti produrre forme di grosse dimensioni di ottimo pecorino, e molti secoli dopo è Lorenzo de’ Medici, detto Il Magnifico, ad apprezzarne i profumi ed i sapori.

Andando avanti negli anni, arriviamo a fine XVIII secolo quando la Reale Società Economica di Firenze fece perfino realizzare uno studio sulla produzione del formaggio in Val d’Orcia, portando alla luce una notizia curiosa: «le fanciulle che hanno imparata l’arte di fare il Pecorino si acquistano molta reputazione nel paese, e questa loro abilità facilita il loro accasamento ed è considerata in conto di dote».

Una curiosità, il famoso Cacio di Pienza, in passato era noto come il Pecorino delle Crete Senesi. Se ne parla nella famigerata inchiesta Jacini – la grande inchiesta parlamentare del Regno d’Italia che dal 1877 al 1886 esaminò le condizioni dell’agricoltura nel paese, che si concluse con un dettagliato rapporto – si legge una precisa definizione: «Dicesi Cacio di Pienza quell’ottimo prodotto che viene fatto nel territorio della Val d’Orcia e nelle sue vicinanze, seguendo un sistema di lavorazione dettato dalla tradizione locale più antica».

Ma oltre alle Crete Senesi e alla Val d’Orcia, il gustoso pecorino si produce in ogni angolo del territorio della provincia di Siena. Dalle campagne di San Gimignano alla Valdelsa, dalle colline intorno a Siena alla Val di Merse, passando dalla Valdarbia e la Valdichiana. I caseifici presenti sul territorio non sono, perlopiù, di grandi dimensioni, e in alcuni casi sono predisposti per visite aziendali e sala degustazioni dei prodotti direttamente in azienda. Una pastorizia che, specialmente in alcune aree di produzione, nel Sud della provincia senese, è stata resa possibile grazie all’emigrazione di pastori sardi in Toscana a cavallo fra gli anni Settanta ed Ottanta, e che ha permesso di proseguire questa produzione così tradizionale, coniugando i sapori e le forme dell’arte casearia senese, con i saperi della pastorizia della Sardegna.

Si chiama caseificazione, il processo produttivo che dal latte arriva al formaggio. In una parola è racchiusa una pratica antica eppure in continua evoluzione. Col tempo la tecnologia ha affinato e migliorato il processo produttivo, ma il tocco del casaro resta determinante per rendere unica ogni forma di formaggio. La produzione del Pecorino è un percorso fatto di fasi, ognuna della quale contribuisce a renderlo unico.

Si parte con la mungitura: le pecore, di razza sarda, comisana, appenninica e massese, vengono munte una o due volte al giorno, per un periodo che può variare dai 100 ai 200 giorni. In ogni lattazione si producono di media dai 70 ai 300 litri di latte, in funzione dell’età dell’animale e dell arazza. Il latte arriva poi al caseificio dove viene subito lavorato; quindi si susseguono le diverse fasi: molto importante è l’aggiunta del caglio, che permette la coagulazione delle proteine che consente al latte di passare dallo stato liquido a quello semisolido. Dopodiché avviene la rottura della cagliata, un prodotto di mezzo tra latte e formaggio. Quando la cagliata è pronta viene rotta in grumi più o meno grandi; e dopo la rottura, viene messa all’interno di apposite forme per favorire la sineresi, cioè lo sgrondo del siero e dare forma al formaggio. Dopo la formatura sono importanti lo spurgo del siero e la salatura. A questo punto c’è la fase della stagionatura, dove risultano fondamentali la temperatura e l’umidità dell’ambiente nel quale il formaggio matura, un periodo che può variare da qualche settimana ad alcuni mesi, a seconda se si preferisce un formaggio fresco, semi-stagionato o stagionato.

Il pecorino senese ha una forma cilindrica e pezzature che variano da 1 a 2 kg. La pasta, di colore giallo paglierino, è morbida e dolce se il formaggio è fresco, piccante e friabile se è stagionato.

Molto richiesto dai consumatori è il pecorino a latte crudo, di forma classica di solo latte di pecora lavorato a crudo con sostanza grassa minima del 26%. La forma ha un diametro di 16-18 cm, altezza 8-10 cm, scalzo scodellato o dritto e peso circa 1,5 kg; la crosta, trattata con olio d’oliva, ha colore naturale, mentre il colore della pasta va dal bianco crema al giallo tenue; la stagionatura minima è di 60 giorni. Il pecorino a latte crudo ha un aroma pungente, sapido al gusto con caratteristiche organolettiche tipiche del formaggio pecorino. Deve la sua tradizionalità alla qualità del latte ottenuto da ovini allevati al pascolo e al tipico processo di trasformazione. Nei secoli scorsi è stato l’alimento principale delle famiglie mezzadrili e di coltivatori diretti della provincia di Siena, che producevano direttamente in azienda il pecorino.

La tradizionalità del pecorino delle colline senesi è legata alla particolare tecnica di trasformazione, che è rimasta invariata nel tempo e che prevede l’utilizzo di attrezzi e utensili particolari (quali le assi di legno di abete per la stagionatura), che influiscono sulla tipicità di questo formaggio. Possono cambiare i sapori in base a quale periodo dell’anno ci troviamo, ovvero in base agli aromi ed ai profumi delle erbe, come il marzolino, di forma ovale, prodotto con latte munto all’inizio della primavera, quando i pascoli offrono l’erba più tenera e profumata.

Esiste anche una DOP (Denominazione di Origine Protetta) del formaggio pecorino. Anche in provincia di Siena, infatti, si produce il Pecorino Toscano Dop, il marchio comunitario a più alta garanzia di eccellenza di un prodotto agroalimentare europeo. Ogni forma di Pecorino Toscano DOP viene controllata all’origine e risponde al 100% al Disciplinare di produzione. Il marchio viene apposto ad inchiostro sul formaggio a pasta tenera ed a caldo su quello stagionato. Sulle porzioni preconfezionate la marchiatura viene effettuata su ogni singola confezione, purché avvenga nella zona di origine. Il formaggio Pecorino Toscano DOP deve recare l’etichetta approvata dal Consorzio di tutela, il marchio di origine comprensivo del numero identificativo del caseificio produttore e il contrassegno a garanzia della rispondenza del disciplinare.

È prodotto esclusivamente con latte intero delle pecore allevate nella zona di origine. In Toscana, quarta regione per numero di pecore, i capi arrivano ad oltre 470 mila e sono prevalentemente allevati in maniera estensiva: pascolano all’aperto nella maggior parte dell’anno e vengono ricoverate in ovile solo nei mesi più freddi. Anche il nutrimento è curato nei dettagli: al momento della mungitura ricevono un’integrazione di mangime con foraggi verdi o conservati (in questo caso soprattutto fieno), prodotti nella zona di origine che apportano all’animale, e quindi al latte che producono, maggiori livelli di Vitamina E e Vitamina A. Il Pecorino è un vero e proprio re del gusto, da consumare a tavola sia nella versione fresco o stagionato, magari insieme ad un ottimo calice di vino; ma anche come ingrediente, grattugiato oppure a scaglie, per arricchire tanti piatti e ricette, a partire da quelle della tradizione gastronomica toscana. Può essere assaporato in purezza con il pane oppure diventare protagonista di abbinamenti raffinati con marmellate, miele o mostarde di frutta. Nella cucina spesso viene usato come antipasto accompagnato dai salumi, come ingrediente principale nelle ricette tradizionali oppure per farcire focacce, torte salate, ravioli, involtini di carne o verdure.

E allora non resta che andare alla ricerca di un ottimo formaggio pecorino senese, in una delle osterie o ristoranti di Siena e provincia, oppure direttamente nelle aziende agricole e caseifici che lo producono e quindi farsi consigliare, in base ai propri gusti ed in base alla stagionalità. Ognuno potrà trovare il proprio pecorino ideale: da quello base fatto solo con latte di pecora e stagionato, oppure quelli aromatizzati – ce ne sono al tartufo, allo zafferano, al peperoncino, – finanche stagionati nelle foglie di noce o nella vinaccia di uve Sangiovese. Il gusto è servito.

Brochure a cura di di Primamedia, Siena Testi di Lorenzo Benocci

Coordinamento editoriale: Elisa Boniello e Laura Modafferi

Foto: Archivio Comune di Siena e Leonardo Castelli Grafica: Michela Bracciali

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