7.4 Pedali sulla Francigena
Da Porta Camollia sulle orme degli antichi pellegrini
«La Porta Camollia era rossiccia e si vedeva di lontano il primo dei lampioni accesi dentro la città.
Gli alberi del viale, su la balza della ferrovia, si muovevano silenziosamente con tutte le fronde dinanzi ai monti di un violetto limpidissimo. L’Osservanza era dolce».
(Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi)
Ha ragione Adriano Seroni, giornalista e critico letterario scomparso nel 1990, quando scrive che «Porta Camollia è l’estremo baluardo a difendere il segreto di Siena». Oltre la porta, infatti, viali alberati, edifici e quartieri nuovi, villette borghesi che rimandano al Liberty della prima metà del Novecento, quasi a segnare la realtà di “un’altra Siena” che guarda a nord, in direzione di Firenze. E’ da Porta Camollia che inizia questo itinerario che fino alla località Il Braccio si sviluppa su strade abbastanza trafficate (Viale Cavour, Via Fiorentina, Via Cassia Nord).
Porta Camollia
Di una Porta di Camollia, certamente pertinente al borgo omonimo, parla già un documento del 1082, e dal Duecento la porta fece parte di un complesso sistema difensivo, la “castellaccia di Camollia”, che comprendeva anche l’Antiporto e una seconda porta situata circa a metà tra queste due, il cosiddetto “Torrazzo di Mezzo”, approntato per munire il lato della città dotato di minori protezioni naturali.
Pressoché distrutta dopo l’assedio del 1554-55, tanto che per entrare in città si doveva passare attraverso un arco provvisorio praticato sulla sua destra, le cui tracce sono ancora visibili, l’antica porta fu abbattuta e sostituita dall’attuale. Questa, progettata da Alessandro Casolani, mentre gli apparati marmorei vennero realizzati da Domenico Cafaggi detto Capo, fu inaugurata nel 1604 con il celebre motto posto sopra l’arco esterno «Cor magis tibi Sena pandit» (Siena ti apre un cuore grande [come la porta che stai attraversando]). Tra il 1929 e il 1931 fu interessata da vari lavori che consistettero nella demolizione dell’ufficio del dazio, che era situato dentro le mura a destra della porta, e nella realizzazione delle due aperture pedonali, di uguali dimensioni e simmetriche rispetto all’accesso principale, che utilizziamo ancora.
Lasciamo la SS2 per seguire la strada che porta a Uopini e poi a Badesse, borgo situato in fondo ad una lunga discesa, ai confini col territorio del Chianti, in continua crescita in questi ultimi decenni.
Il toponimo Uopini proviene da “Duo Pini”, ovvero dalla presenza di due pini particolarmente imponenti che si trovavano davanti alla chiesa dei Santi Erasmo e Marcellino, documentata nell’XI secolo. Come tutta la Repubblica di Siena, logicamente, dopo l’assedio del 1555 divenne parte del Granducato di Toscana e fino al 1869 rimase uno dei comunelli circostanti Siena (che costituivano le cosiddette “Masse”), per poi passare nel comune di Monteriggioni.
La direzione che dobbiamo seguire è quella per Monteriggioni: pedaliamo lungo una strada piacevole, dal profilo ondulato, spesso immersa nel verde dei boschi della Montagnola senese. Giunti di nuovo sulla Cassia, giriamo a destra fino al bivio che porta a Monteriggioni, in alto su di un colle.
Monteriggioni
Il castello, nel Medioevo importante guarnigione militare senese, spesso conteso tra la Repubblica di Siena e quella di Firenze, domina il territorio circostante. La bellezza e il fascino del sito sono conosciuti in tutto il mondo, tratteggiati da poeti e scrittori di chiara fama; raggiungere in bicicletta il castello è un ripercorrere al ritroso una storia ricca di miti, conflitti, gesta eroiche e vite di comuni mortali. Le cronache ci parlano di Monteriggioni come di un luogo difficile da conquistare, difeso da una possente cinta muraria su cui furono costruite 14 torri quadrangolari «Monteriggioni di torri si corona», come cita Dante Alighieri, che resistette a tanti assedi e che solo nel 1554 fu espugnato dalle truppe imperiali di Carlo V.
E non è un caso se Dante lo paragonò ai minacciosi giganteschi demoni incontrati nel suo onirico viaggio ultraterreno. Anche oggi il castello di Monteriggioni esercita fascino e inquietudine a chi lo vede per la prima volta, arroccato com’è sulla sommità del poggio che guarda a nord. Confine di stato, confine rovente: quello più difficile, quello secolarmente più pericoloso. Quello con i fiorentini.
L’arcigno castello, poco meno che inespugnabile (ne ebbero ragione, sì, imperiali e medicei, ma perché Giovannino Zeti tradì nel più miserabile dei modi e aprì le porte ai nemici) era ed è la faccia delle armi con cui Siena si presentava ai suoi avversari. Ma una faccia che nascondeva un volto nascosto di pace serena.
Chi, secoli fa, avesse guardato intorno a Monteriggioni vi avrebbe trovato le terre dell’Abbazia a Isola e i grandi boschi, prima signorili della consorteria dòmina del monastero e poi di Siena che ne aveva fatto la sua riserva demaniale. Vi avrebbe trovato il grande lago, anch’esso prima dei monaci e poi dei Senesi. Silva Lacus si chiamava l’area che lambiva la Montagnola, che ospitava eremi di monaci e comunità di contadini. Quel territorio, in epoca granducale, cominciò ad essere bonificato con interventi che, in seguito, avrebbero cancellato il bosco e il lago rimasti, l’uno e l’altro, solo nel ricordo della gente e nella toponomastica.
L’invaso divenne un piano: il Pian del Lago, e nel Novecento fu adibito ad aeroporto militare; formalmente ancora oggi l’area è zona militare, ma di fatto, con l’andar del tempo, si trasformò in un immenso parco dei senesi che, nei giorni di festa, cominciarono a scoprirlo e frequentarlo per le loro passeggiate, le loro pedalate o a cavallo e per i giochi dei loro bambini.
Riprendiamo il percorso, arriviamo sulla Cassia lungo uno sterrato in ripida discesa (fare molta attenzione) che fuoriesce da Porta Fiorentina, e poi continuiamo per un centinaio di metri fin quasi al Bar dell’Orso. Qui seguiamo i segnali bianchi e rossi che, sulla sinistra del bar, indicano una strada bianca che è oggi il tracciato ufficiale della Francigena, strada che anche storicamente passava in questo territorio. Seguendo le indicazioni recentemente apposte per permettere la fruizione del tracciato a camminatori e ciclisti, arriviamo proprio ad Abbadia Isola, importante abbazia fondata nel 1001, Burgenove, la XVI mansio del tracciato francigeno descritto da Sigerico, arcivescovo di Canterbury. Fondata dalla contessa Ava, figlia del conte Zanobi e vedova d’Ildebrando signore di Staggia e di Val di Strove, Abbadia a Isola deve il suo nome al fatto che, sorgendo ai margini di terreni impaludati, la chiesa sembrava poggiare come su di un’isola. La bellezza dell’Abbazia dei Santi Salvatore e Cirino, il chiostro annesso, la fortificazione che racchiude tutto il complesso ne fanno un luogo di grande fascino, una tappa obbligata per una sosta che ristora non solo il corpo stanco ma anche l’anima.
Via Francigena
Una strada europea nell’Italia del Medioevo, oggi un tracciato segnalato che è la rappresentazione plastica dell’idea del viaggio, del modo di essere “pellegrini” nel terzo Millennio. La Francigena dei nostri giorni è profondamente diversa da quella che fu nel Medioevo, quando questo tracciato – meglio sarebbe dire “questi tracciati” – scandì il ritmo della vita, degli scambi culturali ed economici, delle tensioni religiose che attraversavano quella società. Di certo la Francigena fu la strada dello spirito, perché a Roma si andava come pellegrini, ma la strata francigena, o francisca, fu molto più che una strada di pellegrinaggio, come ne sono esempio la storia di Siena che dalla strada ebbe origine.
Da San Gimignano a Radicofani, la Francigena tagliava da nord a sud tutto il territorio del Senese e, dopo che per secoli di essa si era quasi perduto il ricordo, oggi è tornata prepotentemente a popolare immaginazioni e pulsioni di tanti “novelli pellegrini” che a piedi o in bicicletta ripercorrono quell’antico tracciato alla ricerca di un quid che conduce alla “città eterna”.
La tappa dopo Abbadia a Isola è Castellina Scalo che si raggiunge prendendo prima la Provinciale Colligiana, direzione Firenze, e poi, alla prima rotonda che incontriamo, un tracciato che in due chilometri porta al paese. Qui, una ciclabile recentemente realizzata secondo criteri di “taglio europeo” che fiancheggia il torrente Staggia ci riporterà di nuovo sulla Cassia dove dobbiamo seguire le indicazioni per Siena. Procediamo sulla statale per circa due chilometri, poi, all’altezza dell’indicazione “Bracciano – Francigena sud”, prendiamo a salire lungo una bella strada bianca che taglia il territorio della Montagnola Senese che si estende ai limiti nord del Monte Maggio. Superata fattoria Petraglia, al primo bivio ci teniamo sulla destra e, ancora in salita, arriviamo in prossimità di località Casella dove è possibile ammirare, sulla nostra destra, un tratto originario di selciato medievale (percorso CAI 101) che porta a Pontarosso, ponticello in pietra e mattoni.
Chi volesse raggiungere questa struttura dove passava un percorso che possiamo chiamare “francigeno” dovrà percorrere circa un chilometro di strada particolarmente dissestata e poi tornare indietro.
Montagnola Senese
La Montagnola è un’area collinare compresa tra la Val d’Elsa, la Val di Merse e le pianure di origine fluvio-lacustre ad occidente di Siena. L’area riveste notevole importanza, in primis per la sua flora che annovera la presenza di castagneti, nel versante più fresco e umido, e di querceti e lecceti ad ovest; il sottobosco è ricco di una flora arbustiva, ginepro, cisto, caprifoglio, corbezzolo, ed altre essenze. Il clima, siccitoso in estate, e l’assenza di acque in superficie condizionano le varietà di fauna, limitata agli animali più comuni delle nostre zone; da un po’ di tempo si segnala la presenza del lupo. La Montagnola riveste un marcato interesse speleologico per la presenza di fenomeni carsici, come le doline in zona Fungaia, del “cratere” nelle vicinanze del Castellare del Monte Maggio, di grotte (una sessantina quelle esplorate) e inghiottitoi. In certe zone si segnalano coltivazioni di marmi (oggi praticamente dismesse), come quelle del marmo giallo di Siena, utilizzato per decorare il Duomo della città. Il territorio della Montagnola Senese è stato mappato dalla sezione del CAI di Siena che ha realizzato una fitta rete di sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike. L’area è censita tra i Siti Natura 2000 come Zona Speciale di Conservazione di importanza comunitaria.
Dopo Casella, tenendoci a sinistra, raggiungiamo località Uccellatoio, altro toponimo che rimanda alla strada medievale, e poi, dopo appena un chilometro, siamo di nuovo sulla Cassia. Da qui a Siena ci separano meno di 10 chilometri, tutti lungo la statale, abbastanza trafficati, che tendono a salire fino alla Città del Palio.