Tiberio Borghesi

8.2 Via pani

Il prodigio eucaristico della basilica di San Francesco

La storia

Luogo di culto tra i più importanti della città, la basilica di San Francesco custodisce e vede perpetuarsi da quasi trecento anni ciò che dalla Chiesa cattolica viene definito miracolo eucaristico permanente, ovvero un evento prodigioso ancora in atto che coinvolge l’Eucaristia.
La sera del 14 agosto 1730 i frati minori conventuali di San Francesco collocarono una pisside in argento con 351 particole consacrate all’interno del tabernacolo di una delle cappelle della basilica – quella intitolata a sant’Antonio – e poi, come ogni anno, chiusero la porta della chiesa e si recarono in cattedrale, insieme a tutta la popolazione senese, per la celebrazione dei vespri della vigilia della festa della Madonna Assunta. L’indomani, durante la celebrazione eucaristica, si scoprì il terribile misfatto: la pisside con le particole era stata rubata. La notizia del gesto sacrilego si diffuse in tutta la città e quel giorno, da sempre caratterizzato da grande gioia per la festa dell’Assunta, fu segnato da uno sgomento così profondo che si decise perfino di non correre il palio del 16 agosto.
Iniziò da subito una ricerca condotta dalle autorità civili e religiose fino a quando, il 17 agosto, nella vicina collegiata di Santa Maria in Provenzano, durante la messa un chierico intravide casualmente qualcosa di bianco dentro alla cassetta delle elemosine; riferitolo al segrestano e fatti accorrere l’Arcivescovo Alessandro Zondadari e il vicario generale, la cassetta venne aperta e all’interno furono ritrovate le particole. Una volta esaminate e identificate come quelle rubate, la città si sentì finalmente liberata da un peso e tutto il popolo accorse ad omaggiarle. Fu organizzata così una processione solenne e in un tripudio di canti e preghiere, accompagnate da una folla immensa, le particole vennero riportate a San Francesco, dove si pose la questione di cosa farne. I frati non le volevano distruggere poiché erano state consacrate e contenevano quindi la presenza di Cristo, ma non potevano neppure utilizzarle perché erano state per giorni dentro ad una cassetta sporca, tra denari e polvere. Si decise quindi di lasciar fare il proprio corso alla natura, aspettando che si deteriorassero da sole. Da allora sono passati quasi tre secoli e quelle particole, contro ogni legge chimica e biologica, si conservano ancora miracolosamente intatte.

Le verifiche

Esposte all’adorazione dei fedeli in seguito al loro recupero, con il passare del tempo le particole vennero ‘dimenticate’ per un certo periodo, fino a quando, cinquanta anni dopo il ritrovamento, si cominciò a capire che c’era qualcosa di anomalo: a differenza di quanto ci si sarebbe dovuto aspettare, esse non mostravano alcun segno di alterazione, erano incorrotte nell’aspetto, come appena fatte. Fu effettuata così la prima di una serie di verifiche sperimentali che nel corso dei secoli hanno interessato le particole, tentando di comprendere come sia possibile che del materiale organico, destinato per sua natura a guastarsi, possa invece rimanere in perfetto stato di conservazione. Così, nell’aprile del 1780, il ministro generale dei francescani Padre Giovanni Carlo Vipera, durante una visita canonica, ritrovò le piccole ostie in un corporale dentro una cassetta di legno e le fece riporre in un calice d’argento, contandone 230 da 351 che erano in origine. Dopo un esame fatto eseguire su sua iniziativa, scriveva queste parole: «Abbiamo riconosciuto come una specie di vero prodigio che si siano conservate incorrotte senza veruna alterazione per il tratto lunghissimo di cinquant’anni». Il vescovo dell’epoca Tiberio Borghesi ordinò anche una controprova: fece chiudere per dieci anni in una scatola di latta sigillata alcune ostie non consacrate. Alla riapertura, la commissione scientifica preposta trovò solo vermi e frammenti putrefatti.
Più volte, a distanza di decenni, uomini illustri hanno esaminato le particole con ogni mezzo che il progresso metteva loro a disposizione, esponendole però, nel contempo, a fattori ed elementi che avrebbero dovuto favorirne la corruzione, come travasi, contatti, polvere e umidità. Ciononostante, le ricognizioni hanno sempre avuto lo stesso esito: esse sono intatte, senza alcun principio di deterioramento. La prima verifica condotta con mezzi scientifici, autorizzata nel 1914 da papa san Pio X, vide la partecipazione di eminenti professori di bromatologia, igiene, chimica e farmaceutica; uno di essi, Siro Grimaldi dell’università di Siena, scrisse che dopo i 184 anni trascorsi le particole si mostravano ancora «lucide e lisce, con bordi netti, non sfrangiati né smussati. Prive di acari, tarli, di ragnatele, di muffe e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale proprio di quella farina di frumento con cui sono composte». Lo specialista spiegava infatti che la farina di grano è estremamente suscettibile di alterazione, costituendo il terreno ideale per la proliferazione di microrganismi di qualsiasi natura. Il verdetto finale della commissione concludeva che le sacre particole «costituiscono un fenomeno singolare, palpitante di attualità che inverte le leggi naturali della conservazione della materia organica. È un fatto unico consacrato negli annali della scienza».
Nella prima metà del secolo scorso le particole furono poi ampiamente maneggiate: nel 1922 il cardinale Giovanni Tacci le trasferì in un cilindro di puro cristallo di rocca, nel 1950 furono collocate in un più prezioso ostensorio mentre nel 1951, durante un nuovo episodio sacrilego, dei ladri, nell’intento di sottrarre l’ostensorio stesso, ne strapparono i sigilli e rovesciarono le particole in un angolo del piano marmoreo del tabernacolo.
L’ultima ricognizione è stata effettuata nel 2014 per volere dell’Arcivescovo Antonio Buoncristiani, a un secolo di distanza dalle prime analisi scientifiche e durante l’Anno eucaristico indetto dallo stesso Buoncristiani. Sono stati esaminati alcuni campioni di particole (che sono oggi 255) e si è provveduto alla pulitura del cilindro di cristallo contenitore, eseguita l’ultima volta nel 1952 a seguito del furto sacrilego dell’ostensorio. Le ostie, visibilmente in ottimo stato di conservazione, sono state sottoposte a varie verifiche, tra cui ispezione della superficie, test colturale e fotogrammetria a distanza ravvicinata. Prima della pulitura, anche il contenitore di cristallo, in tutte le sue superfici, è stato analizzato tramite prelievo di tamponi sterili.
Dai risultati di quanto eseguito emerge la conferma del buono stato di conservazione delle sacre particole e la totale assenza di contaminazione. Il test colturale non ha messo in evidenza nessuna crescita microbica. Esse continuano pertanto ad essere prodigiosamente incorrotte, un segno evidente che rafforza la fede del Popolo di Dio nell’Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa, sacramento di unità e vincolo di carità fra i cristiani.

La devozione

Le sacre particole sono oggi conservate nella cappella Piccolomini nei mesi estivi e nella cappella Martinozzi nei mesi invernali. In quasi trecento anni di storia sono state oggetto di furti, di abbandono dentro una scatola di legno per quasi cinquanta anni, di travasi in contenitori diversi, tutto complicato da due interminabili lavori di risistemazione dell’edificio sacro e da avvenimenti politici e bellici come l’invasione napoleonica e l’Unità d’Italia, che hanno visto la trasformazione del convento e della basilica di San Francesco, passati dai francescani in diverse mani, diventando poi sede del Seminario di Siena. Si tratta davvero di un prodigio straordinario che di fatto venne comunicato al mondo solo nel 1914, con la prima analisi scientifica delle particole.

credit Sailko

Da allora esse sono state al centro di una devozione che continua oggi ad essere alimentata da molteplici iniziative: l’omaggio delle Contrade; l’ossequio dei bambini della prima Comunione; la solenne processione della festa del Corpus Domini; il Settenario eucaristico di fine settembre; la giornata eucaristica il 17 di ogni mese a ricordo del ritrovamento del 17 agosto 1730.
Oggetto di venerazione da parte di fedeli, le sacre particole furono adorate anche da Sua Santità Giovanni Paolo II, nel corso della visita pastorale effettuata a Siena il 14 settembre 1980. In quella occasione, dopo averne ascoltata la storia, commosso, esclamò: «E’ la Presenza!» Il miracolo eucaristico permanente della città, per il quale il tempo si è fermato, offre a tutti – dai più scettici ai più distratti – la possibilità di vedere coi propri occhi e di toccare con le proprie mani una delle più grandi meraviglie di Cristo sulla terra, dinanzi alla quale anche la scienza ha piegato la fronte. Il grande scienziato Enrico Medi, si espresse così al riguardo: «Questo intervento diretto di Dio, è il miracolo (…) miracolo nel senso stretto della parola, compiuto e mantenuto tale miracolosamente per secoli, a testimoniare la realtà permanente di Cristo nel Sacramento Eucaristico. In questi tempi, tanto difficili per la cristianità e per la Chiesa, in cui riaffiorano dottrine false che vorrebbero incrinare la nostra fede, la città di Siena alza il suo segno e mostra al mondo il suo miracolo».

Partìcola: sottile disco di pane azzimo prodotto con farina di frumento e acqua. Una volta consacrata dal sacerdote, essa ha il valore del Corpo di Cristo e viene offerta ai fedeli durante la celebrazione eucaristica. L’ostia è una particola più grande, alzata dal sacerdote durante la consacrazione.

Pìsside: vaso sacro a forma di coppa dotato di coperchio, usato per custodire le particole consacrate per l’Eucarestia. Realizzato generalmente in metallo prezioso e sempre dorato all’interno.

Tabernacolo: piccola edicola chiusa in cui vengono conservate le ostie e le particole consacrate.

Ostensorio: suppellettile sacra che ha la funzione di esporre l’ostia consacrata, il Corpo di Cristo, all’adorazione dei fedeli.

Corporale: panno di forma quadrata usato durante la celebrazione della messa, dapprima piegato per coprire il calice, poi disteso sull’altare per posarvi sopra la patèna – sorta di piccolo piatto circolare – contenente l’ostia e il calice con il vino, rispettivamente Corpo e Sangue di Cristo.

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