1.3 Il Beato Antonio Patrizi, patrono di Monticiano


Il beato Antonio è un personaggio tanto affascinante quanto difficile da inquadrare storicamente poiché mancano del tutto documenti precisi. Il racconto della sua vita è perciò affidato a fonti tarde che vanno dal XV secolo al XVII secolo, chiaramente agiografiche. Il principale elemento per lo studio della vita del beato sono le notizie contenute negli “acta sanctorum”, che sono stati redatti dal frate Pizzichini di Monticiano dell’ordine degli eremiti di sant’Agostino nel 1651, sulla base di una pergamena, adesso introvabile. Si narra che il beato Antonio nacque a Siena dalla famiglia Patrizi e prestissimo entrò nell’ordine agostiniano indotto dall’esempio del beato Agostino novello e che morì nel convento di Monticiano, dopo essersi recato a visitare il beato Pietro da Firenze o da Collegonzi a Camerata, nell’aprile del 1311. Altre notizie, scritte sempre con intento agiografico, si ritrovano nell’opera Vita, miracoli e grazie del beato Antonio Patrizi detto di Monticiano del canonico senese Giovanni Ballati nel 1728. Secondo questa seconda ricostruzione Antonio nacque a Siena da Ginevra e Pietro Patrizi e morì a Monticiano l’ultima domenica di aprile del 1311, all’età di 44 anni. I testi agiografici si soffermano lungamente sui miracoli connessi con la morte del beato: una luce intensissima che emanò dal convento al momento della sua morte ed il ritrovamento prodigioso del suo corpo incorrotto nella tomba nel cimitero dei frati, accanto alla chiesa dei santi Pietro e Paolo in sant’Agostino. D’ora in poi la storia del beato Antonio si identifica con la vicenda del suo culto e con la religiosità popolare per culminare con la beatificazione avvenuta il 12 marzo 1804, ad opera del pontefice Pio VII.

        

Eremo di San Pietro

Inizia dall’eremo di San Pietro il viaggio sulle tracce del patrono del borgo senese. Ci troviamo in questo luogo, un suggestivo ambiente circondato dalla natura e propizio alla meditazione e al raccoglimento, che il patrono di Monticiano scelse come propria dimora. I seguaci del religioso, di regola agostiniana, in seguito si trasferirono altrove ma l’eremo è ancora oggi meta di pellegrinaggio. La piccola chiesetta, del XII secolo, è rimasta inalterata nel corso dei secoli. Costruita con pietrame misto a laterizio, ha pianta rettangolare e tetto a capanna. La facciata, in conci di pietra locale squadrati disposti a filaretto, è caratterizzata da un ampio contrafforte. Il semplice portale è preceduto da un muretto in pietra, sovrastato da una lunetta, anch’essa in pietra. L’interno ad aula è scarno: tetto sostenuto da travi in legno e pavimento in mattoni.

    

Eremo di Camerata

Lasciamo l’eremo incamminandoci sul sentiero Monticiano – Camerata, quello usato ogni anno dagli abitanti per la festa della Sbraccettata che si svolge il martedì dopo Pasqua. La Sbracciata- ta è un pellegrinaggio che dal paese, attraverso il bosco, porta all’eremo di Camerata, ripercorrendo il cammino compiuto dal beato Antonio. Percorrere il sentiero, oltre a rendere omaggio al patrono, consente di entrare in armonia con il bosco, bellezza e ricchezza immensa e, un tempo, fonte principale di sostentamento.

         

Masso della Croce

E così proprio come i fedeli, guidati dal parroco e dai confratelli, ci dirigiamo verso Monticiano; una sosta d’obbligo per la preghiera al masso della Croce, dal quale il beato Antonio avrebbe benedetto il paese di Monticiano e sul quale a ricordo è stata costruita una grande croce nel 1948.

 

Chiesa del Beato Antonio Patrizi

Arriviamo poi alle porte del borgo. La parte più bassa dell’abitato è incentrata su un’ampia piazza rotonda, piazza sant’Agostino, su cui si affaccia un complesso conventuale agostiniano di cui fa parte la chiesa del Beato Antonio Patrizi. L’attuale chiesa è un’estensione di quella del XIII secolo, o è addirittura più probabile che sia una costruzione totalmente nuova, sorta nel XIV secolo, quando il culto di Antonio divenne sempre più popolare. La facciata della chiesa risale certamente al 1380. Ma già allora era stata fondata la Confraternita o Compagnia del Santissimo Sacramento e del beato Antonio, che svolse un ruolo essenziale nel promuovere e perpetuare il culto del beato. Qui si può ammirare un importante ciclo di affreschi trecenteschi e la tela di Rutilio Manetti, Morte del beato Antonio Patrizi.

       

Ex convento di Sant’Agostino

Merita una visita anche l’ex convento di Sant’Agostino che conserva, all’interno della sala capitolare, alcuni interessanti affreschi monocromi realizzati da artisti di scuola senese. Il chiostro di Monticiano, però, non fu solo luogo di devozione. Il 21 ottobre 1357 sei frati vennero denunciati al Priore Generale, Gregorio da Rimini, perché giocavano a dadi. Uno dei colpevoli era Filippo Agazzari, che forse era venuto a Monticiano per pregare alla tomba del beato Antonio. Il gioco dei dadi, detto zara, non s’addiceva ai religiosi; a dire il vero, il Comune di Siena lo aveva proibito a tutti nel 1309-1310. Fra Filippo deve aver maledetto il giorno in cui si era recato a Monticiano, perché il Priore Generale ordinò che fosse imprigionato per sei mesi nel suo convento originario di S. Agostino a Siena. Comunque, dopo due mesi di pena, il 5 marzo 1358 il Priore Generale ordinò che venisse rilasciato. Il monastero di Monticiano, nonostante la fama del Beato Antonio che attirava molti frati e anche gente comune, rimase una delle piccole comunità religiose della provincia di Siena. Alla fine del XVIII secolo era in genere composta da tre o quattro sacerdoti e uno o due conversi. Non fece mai parte della congregazione di Lecceto. Venne soppresso nel 1808 dalla giunta napoleonica che intendeva proseguire la sua politica di secolarizzazione di tutte le case religiose.

  

Chiesa dei Santi Giusto e Clemente

Procediamo verso la chiesa romanica dei Santi Giusto e Clemente, XIV secolo, che sorge nella parte più antica del paese. In facciata, sono molto interessanti alcuni dettagli relativi al portale di ingresso: in particolare l’arco a tutto sesto decorato con un motivo a giglio e l’architrave che con la sua decorazione geometrica molto arcaica fa pensare al riutilizzo di materiali provenienti da un edificio più antico. All’interno troviamo un crocifisso ligneo quattrocentesco ed un dipinto seicentesco raffigurante l’Immacolata Concezione.

         

San Lorenzo a Merse

Lasciamo Monticiano e, dopo aver percorso circa 12 km in macchina sulla strada provinciale delle Pinete, ci dirigiamo a San Lorenzo a Merse per visitare la graziosa pieve. Edificata nel XII secolo come attesta la pietra tombale che raffigura un cavaliere della famiglia proprietaria nell’aspetto attuale, è frutto di un restauro degli inizi del XX secolo e la facciata è tutto ciò che rimane della costruzione più antica. L’interno è a navata unica con copertura a capriate e abside. All’interno ci sono una scultura lignea policromata del XVI secolo raffigurante san Lorenzo e una Visitazione con san Lorenzo, gruppo ligneo di Pietro Montini.

       

 

Chiesa del Castello di Tocchi

Dalla Strada provinciale delle Pinete prendiamo la strada comunale di Tocchi e dopo 5 km arriviamo al castello per visitare la piccola chiesa. Al suo interno si trova una bellissima decorazione pittorica. Nella lunetta sopra l’altare maggiore è raffigurata la Madonna col Bambino tra santa Lucia e un santo re; a fianco del gruppo centrale sono raffigurati san Rocco a sinistra e sant’Antonio Abate a destra. Sebbene alterate dagli interventi di restauro, le pitture rivelano una notevole qualità compositiva che rimanda alla produzione senese di fine Cinquecento. Due lapidi testimoniano due eventi: una ricorda la terribile pestilenza che invase le campagne toscane intorno al 1630 e che lasciò indenni gli abitanti di Tocchi; l’altra attesta il restauro dell’edificio effettuato nel 1858.

    

Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo

Il nostro viaggio, percorsi altri 15 km sulla strada provinciale delle Pinete, termina nella chiesa dei santi Filippo e Giacomo a Il Santo, un edificio sacro che si trova in località Fattoria del Santo. La Fattoria del Santo, costruita nel 1646, costituiva in origine una grancia dello spedale di Santa Maria della Scala. Le origini della chiesa risalgono al XIV secolo. Oggi l’edificio presenta una semplice facciata a capanna con parato a pietroni irregolari, portale sormontato da un arco a tutto sesto e da un occhio, entrambi profilati in mattoni. L’interno, con soffitto a capriate, ha due altari; in quello laterale, in stucco bianco, è alloggiata una tela del XVII secolo con l’Arcangelo Gabriele che scaccia il demonio; sulla parete opposta si trova la pala con la Madonna col Bambino, angeli e i santi Giovanni Battista, Giacomo, Caterina da Siena, Bernardino e Francesco, attribuita a Giovanni Paolo Pisani.

Brochure a cura di Toscanalibri.it
Testi di Cristiano Pellegrini Coordinamento editoriale:
Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Primamedia, Sabrina Lauriston e Leonardo Castelli
Grafica: Michela Bracciali

 

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