5.1 Terre di Siena, terre di mastri birrai

Bionda, chiara, rossa, scura. La classificazione più semplice ma non per i veri intenditori. In una sola parola: birra. La bevanda che sa di compagnia, di convivialità, di momenti da condividere o semplicemente da gustare da soli. Birra dal sapore unico da scoprire in provincia di Siena. Perché non parliamo della birra industriale, quella che si può acquistare ovunque, ma della birra artigianale. Di cosa si tratta?

Prima di andare alla scoperta della birra artigianale e dei suoi segreti, facciamo un passo indietro. Molto indietro. Fino ai Sumeri, antico popolo che già 5000 anni fa codificò il modo di produrre birra, oltre a veder nascere la figura del mastro birraio che dava spazio alla sua creatività producendo diverse tipologie di birra, forti, leggere, aromatizzate e anche prodotte con cereali diversi dall’orzo. La birra, infatti, altro non è che il prodotto della fermentazione di un cereale (perlopiù orzo) con l’acqua. E proprio grazie al suo contenuto di carboidrati e alcol, la birra è sempre stata considerata una bevanda ristoratrice tanto che gli antichi Egizi la facevano bere anche ai bambini, considerandola una bevanda ricostituente. Non solo. A Babilonia la birra era la bevanda da bere durante i funerali come rito propiziatorio per i defunti. A noi è arrivata grazie agli Etruschi e ai loro commerci. Così come i Greci che la importavano dagli Etruschi anche se tra il loro popolo era maggiormente diffuso il vino. Ma la birra si fece strada e diventò addirittura la bevanda ufficiale dei giochi olimpici perché agli atleti era proibito bere il vino, preferendogli una bevanda più leggera. La birra come la conosciamo noi oggi, prodotta cioè con l’aggiunta del luppolo, si deve alla caparbietà e alla pazienza dei frati nei monasteri che nel Medioevo cominciarono ad aggiungere aromi naturali alla bevanda, tra cui, appunto, il luppolo.

Gusto e storia ma anche tante leggende, quasi sempre legate a spiriti dispettosi e addirittura maligni che giungono dal Nord Europa dove si credeva che dai quattro angoli del locale in cui si preparava la birra, spiassero spiriti maligni che andavano esorcizzati con abbondanti spruzzi di mosto e di birra. E la notte era il gatto di famiglia a controllare che tutto fosse tranquillo e il suo compito era quello di spaventare e allontanare eventuali spiriti. Anche perché, sempre la credenza popolare, diceva che bisognava lasciare la birra fermentare in tranquillità evitando di spaventare il lievito con vibrazioni e urti che avrebbero compromesso la riuscita del prodotto finale. Un po’ come ancora oggi facciamo con i lievitati, dolci o salati che siano, che non devono in alcun modo subire scossoni.

Tradizioni e leggende che riguardano la birra in generale. Ma negli ultimi anni, un decennio in Italia, è arrivata anche nel Bel Paese la birra artigianale. Una varietà attorno a cui ci sono molte dicerie, spesso sbagliate. É bene sapere che per birra artigianale si intende la birra prodotta in un birrificio indipendente (legalmente ed economicamente) che utilizzi impianti di produzione propri e non produca oltre 200mila ettolitri di birra all’anno. La bevanda, inoltre, non deve essere né pastorizzata, né microfiltrata. A stabilirlo è la legge italiana. La birra artigianale viene prodotta principalmente con il malto d’orzo o con il malto di frumento (e in alcuni casi anche con altri cereali maltati), elementi base, ai quali vengono aggiunti luppolo, lievito ed acqua.

E così, anche in provincia di Siena nell’ultimo decennio si è assistito ad un vero e proprio boom di produttori di birra artigianale: i micro-birrifici, che in genere non dispongono di un locale di mescita e la cui produzione è in tutto o in gran parte destinata alla vendita a locali e negozi; i brew pub ovvero locali che producono birra per il consumo interno, spesso abbinato ad attività di ristorazione; i beer firm ovvero impianti preesistenti che vengono affittati a privati, i quali possono quindi produrre birra artigianalmente ma in quantità non raggiungibili con un normale impianto casalingo.

La produzione e la degustazione di birra artigianale si sta diffondendo sempre di più anche nelle Terre di Siena come offerta in più per valorizzare un territorio già al top per qualità della vita e per le bellezze uniche del suo paesaggio. Così si possono trovare birrifici artigianali a Siena, ma anche nel Chianti, nella Val d’Orcia e nelle Crete Senesi. In ognuna di queste località è possibile degustare prodotti unici; in molti casi i produttori artigianali di birra utilizzano materie prime (cereali) coltivati a km 0, con la garanzia per il consumatore della tracciabilità di ogni singolo ingrediente che finisce nel bicchiere. Aromi unici che mescolati insieme producono un prodotto finale in grado di regalare emozioni uniche: l’essenza del territorio che abbraccia la sapienza e talvolta anche le sperimentazioni dei mastri birrai. Sperimentazioni spesso audaci in una terra dove l’uva e il vino fanno da padroni regalano una varietà di scelta molteplice anche per gli amanti della birra. E il consumatore di quella artigianale è molto esigente. Sapori classici, in linea con la tradizione statunitense da cui arriva la birra artigianale, e novità apportate dai giovani produttori. Molte, a dire il vero, sono le sperimentazioni negli ultimi anni con birre realizzate con malti inglesi, indiani e belgi. Così come in molti azzardano le birre stagionali, su tutte le corpose natalizie o le beverine estive. I più audaci poi utilizzano aromi di frutta o altri ingredienti come liquirizia, sale o castagne.

Di fronte ad una così ampia varietà di birre come si possono classificare per orientarci meglio nel mondo brassicolo? Esistono quattro tipologie: tipo di fermentazione, paese di origine, ingrediente prevalente e colore.

Il metodo più utilizzato per raggruppare i vari stili di birra è quello dei tipi di fermentazione che viene avviata dai lieviti che ci consente di classificare le craft in “Birra ad alta fermentazione”, “Birra a bassa fermentazione” e “Birra a fermentazione spontanea”. Le birre ad alta fermentazione sono chiamate Ale. Il lievito utilizzato per la produzione di queste birre fermenta a temperature più alte. In questo caso perciò il lievito inizia a influire sull’aroma e il sapore della birra finale. Esistono infatti molti lieviti specifici e caratteristici, che aggiungono note particolari alla birra e per questo motivo è necessario scavare più a fondo per inquadrare meglio ogni stile. La birra a bassa fermentazione prende il nome di Lager. In questa categoria rientrano tutte le birre che fermentano a temperature basse. Il tipo di lievito utilizzato è molto pulito e neutro. Questo vuol dire che il lievito apporterà ben poco all’aroma e al sapore finale della birra, esaltando invece i malti o i luppoli scelti. Le birre a bassa fermentazione più famose sono le birre chiare, come le Pilsner e le Helles. Tuttavia esistono anche diversi stili di birra ambrata o scura anche in questa categoria, come le Marzen e le Bock. Le birre a fermentazione spontanea sono quelle birre prodotte senza lievito. Si lascia la birra in enormi vasche, direttamente a contatto con l’ossigeno. In questo modo tutti i lieviti selvaggi e i batteri presenti nell’aria e sull’attrezzatura possono “contaminare” la birra e far avviare la fermentazione. I batteri infatti sono alleati dei produttori di birra così come per le diverse produzioni artigianali di diversi fermentati come formaggio, yogurt, pane e tanto altro. Nel caso della birra i risultati possono essere molto diversi e particolari. Sicuramente non sono birre adatte a tutti, ma sono tipologie di birre molto di nicchia. E proprio per questo sempre più di moda tra i produttori artigianali.

La classificazione per paese di origine include i diversi metodi di produzione abbinati alle tecniche tipiche di una certa zona. Alcune prevedono di far fermentare la birra in contenitori chiusi, altre in contenitori aperti (come le Pilsner Ceche). C’è chi fa un singolo step di ammostamento (come le English Ale), chi ne fa diversi.       

C’è chi lascia la birra al freddo per renderla più limpida (come le Lager Tedesche), chi invece la infusta e serve direttamente. Insomma ci sono tantissimi modi differenti per fare la birra e sono molto legati al paese di origine. Ad influenzare ulteriormente la birra finale prodotta in un determinato paese è anche il tipo di terreno, di clima e di acqua presenti. Questa differenza la notiamo principalmente nei luppoli. Ad esempio i luppoli tedeschi hanno un profilo principalmente floreale. Il luppolo americano invece possiede un profilo molto più agrumato e fruttato.

La birra si può anche suddividere in base all’ingrediente prevalente. Cosa significa? Gli ingredienti che influenzano il profumo, l’aroma e il sapore della birra sono tre: luppolo, malto e lievito. In ogni tipologia di birra ci sarà la prevalenza di uno o di un altro, oppure un mix bilanciato dei tre. Ecco quindi che possiamo dividere ulteriormente le tipologie di birra in: “amara” dove l’ingrediente principale è il luppolo, “dolce” che ha come ingrediente base il malto, “acida” dove sarà il lievito a far da padrone.

La classificazione per colore è infine quella più diffusa ma occorre sapere che quello stesso colore è influenzato dal tipo di malto utilizzato e soprattutto dalla sua tostatura. Le birre bionde sono prodotte con malti poco tostati e delicati che conferiscono note caramellate al prodotto; quelle rosse o ambrate sono prodotte con malti mediamente tostati che portano ai retrogusti di biscotto o toffee; quelle scure infine sono prodotte con malti molto tostati che lasciano in bocca gli aromi di cioccolato, liquirizia e caffè.

 

Brochure a cura di di Primamedia, Siena Testi di Cristian Lamorte
Coordinamento editoriale: Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Archivio Comune di Siena e Leonardo Castelli Grafica: Michela Bracciali

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