1.8 Rapolano Terme, un borgo di argille, di acqua e di pietra

Chi dice Rapolano dice terme e travertino, certo, ma non fermiamoci alle apparenze o ai luoghi comuni. Il bello di un viaggio, e della vita, più in generale, è lasciarsi guidare dall’istinto, dalla voglia di conoscere, di vedere, di scoprire. Chiese, palazzi, castelli, scorci di paesaggiomozzafiato, musei, teatri: se si parla di arte a Rapolano Terme c’è tutto, e nulla è di poco conto. Quello che segue, dunque, altro non è che una suggestione, una possibilità di approccio alle bellezze di Rapolano Terme, tra le molteplici e sfaccettate opportunità che questo territorio è in grado di offrire allo sguardo e all’anima del viaggiatore curioso e attento. Un territorio attraversato dalla Via Lauretana e abbracciato dalle splendide Crete Senesi, con paesaggi mozzafiato fatti di calanchi e biancane interrotti dai colli d’olivi, macchie di cerri e querce. Un paesaggio, che accoglie a sé la mano della natura e quella dell’uomo strette fra loro nella forza di una preghiera che innalza le orme del suono ad un canto aulico. Sulla sinfonia dei propri passi e sul dolce battito del proprio pensiero, conoscere Rapolano Terme significa dismettere il peso della frenesia e abbandonarsi al camminar lento per perdersi sotto la guida tanto disattenta quanto affascinante del suono della natura.

Porta dei Tintori

Sarà sufficiente lasciarsi guidare dallo sguardo per scoprire, uno dopo l’altro, dei piccoli grandi tesori di bellezza, di quella bellezza non artefatta, non messa lì a bella posta ma, come spesso accade da queste parti di Toscana, assolutamente connaturata all’ambiente, radicata nei secoli, nelle tradizioni, nei profumi, nei colori e, perfino, nel carattere degli abitanti.

Rapolano Terme, sviluppatosi in epoca medievale a partire dal castello edificato e governato dai Conti della Scialenga, è circondato da una cinta muraria in parte ancora visibile, in cui si trovano incastonate cinque torri rotonde in pietra, con base a scarpa, realizzate per esigenze difensive: tre torri si trovano a nord, una a sud e una a ovest, accanto alla Porta dei Tintori. La struttura di questa porta è caratterizzata da una torre quadrata con un’apertura ad arco, sormontata da due mensole in travertino, forse usate per sorreggere i piombatoi.

        

Porta Sant’Antonio

La seconda porta di accesso al paese è la Porta Sant’Antonio: un grande arco a sesto acuto in pietra che molto probabilmente prende il nome dalla cappella Gentilizia Calamati, che vi si trovava di fronte, intitolata a sant’Antonio Abate e distrutta dal passaggio del fronte della Seconda Guerra Mondiale. La cosiddetta Porta Nuova è stata realizzata in epoca più recente, nel 1877, per rendere più agevole l’ingresso in paese ai bagnanti che numerosi, dopo l’inaugurazione della Strada Ferrata Centrale Toscana, cominciarono a frequentare gli stabilimenti termali.

Pieve di San Vittore

Passeggiando per Rapolano Terme il viaggiatore attento noterà che non sono pochi i luoghi di culto presenti nel paese.
Tra i più antichi, un po’ fuori dell’abitato, immersa in un paesaggio davvero straordinario, c’è la pieve di San Vittore la cui prima testimonianza certa risale addirittura al 1029, in un documento conservato nell’archivio della curia aretina, dove questa pieve compare tra quelle contese nell’ormai secolare lite tra la diocesi di Arezzo e quella di Siena. La pieve è a tre navate coperte da una struttura lignea a vista, che si uniscono in un’unica abside. Sulla facciata, ombreggiata da alcuni snelli e silenziosi cipressi, si apre un portale a tutto sesto e una monofora decorata da una colonnetta. L’abside si caratterizza per il rivestimento in filaretto di travertino e da una corona di archetti pensili ricavati in un unico blocco di pietra. All’interno si segnala un frammento di affresco di un artista senese attivo tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento e una terracotta policroma, Madonna col Bambino, del primo Cinquecento.  

        

Chiesa del Corpus Domini

E ancora tra i luoghi di culto si segnalano la chiesa del Corpus Domini (che custodisce al suo interno un altare seicentesco ornato ai lati da due statue in stucco, la Vergine e l’Angelo annunciante, e al centro la Madonna del Rosario di Francesco Bartalini; in basso corrono i Quindici misteri del Rosario, dipinti su tavola dallo stesso artista, oltre a un affresco di Girolamo di Benvenuto) e l’oratorio della Misericordia. 

Teatro del Popolo

Ma anche il teatro ha avuto sempre una grande importanza a Rapolano Terme e a dimostrarlo e ricordarlo ai turisti, ma anche agli abitanti del paese, c’è il Teatro del Popolo, fortemente voluto dalla popolazione che, nel 1890, “adunata in pubblico comizio” stabilì che il teatro dovesse sorgere mediante “volontarie oblazioni e a nome e conto di una società denominata Società Filarmonico-Drammatica”. I lavori furono interrotti dalla Prima Guerra Mondiale ma ripresero alla fine del conflitto e i tanti debiti contratti per la sua realizzazione se li accollarono per la maggior parte proprio i rapolanesi. Quello in attività ancora oggi ha la struttura tipica del teatro all’italiana, con pianta a ferro di cavallo, due ordini di palchi e un loggione. Si può accedere alla poltrone della sala da tutto il suo perimetro, circondato da un elegante loggiato di colonne. Il Teatro del Popolo, che nel 1995 è stato dichiarato bene culturale di interesse storico artistico dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, è stato restaurato una prima volta nel 1983 (restauro strutturale e delle decorazioni con il rifacimento del tetto, dei solai dei palchi, dell’impianto elettrico e della decorazione della volta) e, ancora, tra il 1985 e il 2001 su progetto dell’architetto Claudio Starnini.

Armaiolo

Da Rapolano Terme, attraverso la via Provinciale Nord, dopo 2,6 km raggiungiamo Armaiolo. La notizia più antica di Armaiolo risale al 1260,quando alcuni fiorentini, sconfitti dai senesi a Montaperti, causarono danni al castello. Nel 1524 gli armaiolesi osarono opporsi al duca di Albania inviato del re di Francia e per questo affronto furono passati a fil di spada. La più terribile tragedia risale però all’ultima guerra tra Siena e Firenze: il 30 maggio 1554 il castello fu assediato dall’esercito imperialemediceo e fu intimato agli abitanti di arrendersi. Ma quando essi rifiutarono, tutti, ad eccezione delle donne, furono squartati e il castello di Armaiolo fu dato alle fiamme. Legata ad Armaiolo è anche la storia di un notaio senese del Trecento: tra il 1362 e il 1390 Ser Cristofano di Gano di Guidino ricoprì più volte ad Armaiolo il ruolo di vicario del Comune di Siena; qui egli aveva acquistato terre per ben 477 fiorini, due case e una cantina. Cristofano era legato da amicizia con Caterina Benincasa, la nota patrona d’Europa (1347-1380), che secondo la leggenda avrebbe sostato ad Armaiolo. Il terzo di Fontebranda, che insieme a Campana e Finimondo componeva il castello all’interno delle mura, forse ricordava proprio la contrada dove era nata e vissuta la santa senese.

   

Serre di Rapolano

Da Armaiolo, dopo circa 10 km, sempre seguendo la via Provinciale Nord arriviamo a Serre di Rapolano: uno dei primi castelli a essere interessato dalla politica espansionistica di Siena e la frazione principale del Comune di Rapolano Terme che domina la piana del Sentino. Il paese conserva un’ampia cinta muraria e numerosi edifici due-trecenteschi, tra i quali emerge il Palazzo di Giustizia. Notevoli sono anche i resti della Rocca, di cui rimangono le mura scarpate, dalla forma ellittica e il grande edificio della Grancia, appartenuta allo Spedale Santa Maria della Scala di Siena, una costruzione trecentesca con integrazioni rinascimentali, oggi sede di un museo sulla storia delle vecchie fattorie fortificate (le grange, magazzini per la custodia dei prodotti agricoli) e di un Centro di arte contemporanea. Dalla Porta di Sant’Andrea si accedeva al paese delle Serre salendo una scalinata dalla quale si entrava nel Borgo dei Vasari, così chiamato per la presenza di una fornace di vasi a fianco della porta. L’altra porta del paese di Serre è la Porta di San Lorenzo, chiamata così per la strada che, passando da lì, portava alla chiesa di San Lorenzo extra moenia. Oggi è nota come Porta dell’Apparita, per via della meravigliosa vista sulla crete che si può godere dalla piazzetta: Siena si staglia in lontananza e, sulla destra, c’è la pieve di San Lorenzo, demolita dopo il conflitto perché pericolante e ricostruita nel 2010.

       

Chiesa della Madonna della Piaggia

La chiesa della Madonna della Piaggia a Serre di Rapolano è un edificio sacro fondato nel 1407 dal grancere di Serre, al tempo del rettore dello Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, Paolo di Paolo Serfucci che desiderava erigere una chiesa dedicata a santa Maria Maddalena non solo nella grancia ma anche in campagna. La chiesetta fu costruita a protezione e racchiudendo un antico tabernacolo con un affresco trecentesco raffigurante la Madonna col Bambino, da attribuire a Lippo Vanni, racchiuso in una cornice a stucco settecentesca. Dal 1808 la chiesa appartiene alla Compagnia della Misericordia, dove è custodita l’antica campana datata 1498. 

 

Teatrino Gori Martini

In tema di teatro, merita senz’altro una visita il Teatrino Gori Martini, situato in una porzione del palazzo omonimo nella frazione di Serre di Rapolano e costruito probabilmente tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. Il piccolo teatro è stato poi modificato verso la metà dell’Ottocento e restaurato in stile neoclassico con un solo ordine di palchi a ferro di cavallo. Il teatro è stato attivo come sala da ballo e cinemafino agli anni ’50 e poi, dopo un lungo periodo di abbandono, è stato acquistato nel 2000 dal Comune di Rapolano Terme e riaperto al pubblicodopo un accuratissimo restauro.

Cappella di piazza

Già che ci troviamo a Serre, non manchiamo di visitare la cappella di piazza, una piccola aula a pianta rettangolare aperta su tre lati attraverso ampie arcate la cui struttura ricorda la cappella che sorge a fianco del Palazzo Comunale di Siena. Si pensa che sia stata edificata tra il Trecento e il Quattrocento e i lavori di restauro realizzati nel 1922 riportarono alla luce gli affreschi quattrocenteschi: una volta stellata in mezzo alla quale si apre un cerchio in cui è rappresentato il Padre eterno benedicente. Sulla parete di fondo sono dipinti al centro la Vergine col Bambino e due angeli, a sinistra i santi Fabiano e Sebastiano, alla destra Bernardino e Macario, i quattro santi protettori della Comunità di Serre. La cappella restò aperta come la si vede oggi fino alla metà del Settecento, in seguito venne chiusa per poi essere riaperta dopo la Prima Guerra Mondiale, quando i serrigiani decisero di costruire un monumento ai caduti e venne così collocato al suo interno un altorilievo che rappresenta un caduto in guerra, nudo e baciato da una figura femminile che gli sta alle spalle e che rappresenta la patria. Le due epigrafi che si trovano ai lati della statua risalgono invece alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Ma Rapolano Terme è Crete Senesi, un paesaggio mozzafiato da scoprire in ogni suo angolo. Dalle brulle e silenziose crete ai timbri dei boschi in un sali e scendi di ritmo con quelle pause necessarie a scoprire i tesori di un paesaggio melodico. Calanchi e biancane interrotti dai colli d’olivi, macchie di cerri e querce a custodire fortificazioni e piccoli castelli e poi ancora quelle cicatrici bianche di travertino. Un paesaggio, quello rapolanese, che accoglie a sé la mano della natura e quella dell’uomo strette fra loro nella forza di una preghiera che innalza le orme del suono ad un canto aulico. Sulla sinfonia dei propri passi e sul dolce battito del proprio pensiero, conoscere Rapolano Terme significa dismettere il peso della frenesia e abbandonarsi al camminar lento per perdersi sotto la guida tanto disattenta quanto affascinante del suono della natura. E nel paradosso di una terra a tratti acre e a chiazze verdi, è la dolce melodia dell’acqua a farci da bussola ascoltando l’ineffabile leggerezza dell’elemento naturale che ha condizionato e condiziona il paesaggio rapolanese. Quell’elemento che disegna ogni giorno, inesauribile e creativo, crete senesi in una tela sempre incompiuta, dipinta di una tavolozza che mescola colori ora irrequieti, ora dolci, un attimo luminosi e l’attimo successivo malinconici. Quell’elemento che gioca, piovendo dal cielo, sul pianoforte delle foglie o si dilegua furtivo tra i rami nei boschi che scendono verso la piana del Sentino. Quell’elemento, infine, che accarezza dolcemente un ruvido strumento primitivo di travertino facendo echeggiare le note nelle cave. E all’acqua, oggi fonte primaria dell’economia locale con le terme, l’amministrazione comunale ha deciso di dedicare un parco da non perdere per il visitatore intento a lasciarsi trasportare nel silenzio dei propri passi e con lo sguardo rivolto all’opera maestra dell’uomo che, con le mani, ha lavorato il travertino.

Parco dell’Acqua

Il Parco dell’Acqua è situato nella parte nuova di Rapolano Terme, di fronte alle Terme dell’Antica Querciolaia. Il nome però non tragga in inganno, non sono giochi d’acqua i principali attori e compagni di viaggio di una visita quanto mai curiosa, bensì quel travertino che si forma dai depositi calcarei lasciati dalle acque termali. Il parco comprende una distesa d’erba sempreverde, numerose sculture e vecchi blocchi di travertino così come vengono estratti dalle cave, fino ad arrivare all’affaccio ad un vecchio fronte di cava, occupato da un lago che arriva fin sotto le abitazioni. La vocazione di Rapolano Terme per l’acqua non è prettamente ambientale e artistica ma anche economica. Negli anni ha imparato a sfruttarne le risorse attrattive per quei visitatori che, sempre più numerosi, giungono da ogni parte del mondo a rigenerarsi nelle sorgenti sulfuree che sgorgano ad una temperatura di circa 40 gradi, dai grandi banchi di travertino di cui la zona è ricca. Le acque termali sono particolarmente indicate per la cura di artriti, reumatismi, malattie cutanee e disturbi alle vie respiratorie. Per ascoltare al meglio le sinfonie naturali del territorio rapolanese, il viaggiatore dovrà poi abbandonare il centro cittadino, compiere pochi passi e immergersi fin da subito nei panorami di un angolo di toscana unico nel suo genere. Il consiglio è quello di perdersi tra le strade bianche che s’intrecciano e si ritrovano nei borghi incastonati tra i boschi o tra vecchi poderi agricoli che cavalcano le onde delle Crete Senesi.  

        

La Via Lauretana

Un altro percorso da compiere è quello lungo la strada che attraversa il territorio e ne ha condizionato l’evoluzione culturale, economica ed oggi anche turistica: la Via Lauretana. È qui che si riscoprono anche le antiche radici degli Etruschi che, per primi, realizzarono questa via dipercorrenza poi sfruttata e ampliata dai Romani con tecniche avanzate di costruzione. Il tracciato attuale è comunque riconducibile al IX secolo, a seguito anche dell’impaludamento della Valdichiana e del territorio a sud di Rapolano Terme, e fungeva da collegamento tra Cortona e Siena. Il nome stesso Lauretana è di probabile attribuzione settecentesca e pare derivare dal toponimo Loreto, località vicino Cortona da cui partiva il primo ramo di questa strada che lo storico e geografo Emanuele Repetti nel suo Dizionario chiamò Antica Lauretana distinguendola dalla più importante Strada Regia Lauretana, la primitiva via, che era uno dei tanti diverticoli della via Cassia e fu abbandonata per forza maggiore dopo l’allagamento della valle.

Nel 1775 per ordine del Granduca Pietro Leopoldo, la tratta più importante della Lauretana fu completamente ristrutturata e potenziata, nel tentativo di sviluppare il commercio del grano della Valdichiana con il resto della regione. Caduta in disgrazia, fu oggetto di una vera e propria rinascita. I lavori della Strada Regia Lauretana terminarono nel 1787.

Castello di San Gimignanello

Lungo il percorso della Lauretana da non perdere una visita al castello di San Gimignanello che fu uno dei feudi dei Conti della Scialenga, signori di Asciano. Comprato dai Senesi nel 1212, San Gimignanello fu destinato a fortilizio e nel 1272 fu nominato un fiduciario, con obbligo di residenza, sotto gli ordini diretti del potestà di Siena. La chiesa di San Gimignanello fu riedificata dalla nobile famiglia senese dei Sansedoni, che subentrò in molti possedimenti dei Conti della Berardenga e della Scialenga. La nomina del parroco è alternativa fra i Sansedoni e i vescovi di Arezzo. Attualmente, pur mantenendo intatta la propria struttura di castello, San Gimignanello è una proprietà privata adibita a fattoria.

Brochure a cura di Toscanalibri.it
Testi di Cristiano Pellegrini Coordinamento editoriale:
Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Primamedia, Sabrina Lauriston e Leonardo Castelli
Grafica: Michela Bracciali

I Comuni di Terre di Siena