6.5 Una donna di nome Caterina

Il 18 giugno 1939 papa Pio XII dichiarò santa Caterina patrona d’Italia, insieme a san Francesco d’Assisi. Il 4 ottobre 1970 la santa senese è stata proclamata Dottore della Chiesa da papa Paolo VI. Ma chi era questa donna? Eccovi una presentazione di questo personaggio, tutt’altro che convenzionale, vissuto nel Medioevo.

Con questo itinerario avrete una breve guida per visitare i luoghi più importanti legati alla vita della santa, in modo da ripercorrerne i momenti salienti. Caterina nasce a Siena il 25 marzo 1347 da Lapa e Giacomo di Benincasa, famiglia di mercanti e tintori tra le più in vista nella Siena dell’epoca; ella fu la ventiquattresima di una grande prole (mi domando – non vogliatemene – se anche la madre non si meritasse la santità, dato il numero di eredi che mise al mondo). All’epoca si facevano tanti figli perché la mortalità infantile era altissima; del resto, Lapa stessa si vide morire molti dei suoi pargoli, ma lei raggiunse l’incredibile età di 80 anni.

È molto difficile avere notizie sulle donne del passato, sulle loro fasi di crescita e sui loro comportamenti, ma della nostra santa sappiamo molto – tanto – poiché la sua infanzia e la sua esistenza, seppur breve, ci è stata interamente raccontata dalla madre Lapa. Una vicenda analoga a quella di Caterina, anch’essa particolarmente nota, è quella riguardante un altro personaggio vissuto in provincia di Siena: si stratta di san Galgano Guidotti, uomo vissuto in bilico tra santità ed eresia – e anche in questo simile a Caterina – del quale sappiamo molto grazie alle testimonianze di sua madre Dionisia, che nel processo di canonizzazione ebbe un ruolo chiave nel riferire quali umani ragionamenti e divine ispirazioni avessero portato il figlio a compiere le sue scelte.

Se si pensa alle donne del Medioevo nella nostra mente si apre uno scenario fatto di sottomissione e morigeratezza. Se pensiamo alle vicende di Caterina si può cadere facilmente nell’errore di inquadrarla in questo convenzionale filone. Lei ebbe la sua prima visione all’età di sei anni, quando, durante il tragitto per tornare a casa da una visita alla sua benamata sorella Bonaventura, Cristo nostro Signore le apparve vestito da pontefice. Dopo quell’evento straordinario, lei si convinse che Dio l’avesse scelta e che Cristo l’avesse chiesta in sposa. Così Caterina si consacrò a Lui, senza mai vacillare, tranne quando, a 12 anni, i genitori la convinsero che il matrimonio era una cosa buona e giusta per una giovane ragazza della sua età, e che quindi, per destare l’attenzione di qualche bel giovanotto figlio di mercante, sarebbe stato opportuno che lei avesse avuto maggiore cura dei propri capelli. Ella ci provò, ma fu un episodio passeggero e Caterina tornò presto a prendersi cura più della sua anima che del suo corpo.

Fu in effetti tutto particolare il rapporto che la “ragazza di Fontebranda” ebbe con il proprio corpo: come vi dicevo all’inizio di questo quinto itinerario, lei nacque nel 1347, un anno prima della famosa Peste nera, un’epidemia che devastò l’Europa. Il fatto quindi di vedere con i propri occhi le conseguenze delle nuove ondate di epidemia – che soprattutto dopo quel fatidico anno furono sempre più frequenti –, spinsero probabilmente Caterina a riflettere molto sulla sofferenza fisica. Come già si accennava nel capitolo precedente, lei si prodigò molto per la cura dei malati e degli appestati durante tutta la sua esistenza, motivo per il quale è stata dichiarata anche protettrice del Corpo delle Infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana.

Quella della Nostra fu quindi un’esistenza caratterizzata dalla rinuncia a sé per amore del prossimo. Non bisogna però immaginare Caterina come una persona appartata dal mondo, assorta completamente nella preghiera e all’assistenza dei bisognosi. Anzi. Caterina ebbe una vita pubblica davvero importante, scrivendo lettere tonanti ai governanti di tutta l’Europa – persino al papa – richiamandoli a seguire gli insegnamenti del Vangelo.

Un ruolo pubblico importante Caterina lo ebbe come ambasciatrice per la Repubblica di Firenze, con lo scopo di convincere il papa a fare ritorno, con la sua corte, a Roma. Era dal 1309 infatti che la corte papale si era stabilita ad Avignone, e i motivi di questa scelta furono dovuti a diversi fattori, come lo stato di degrado in cui la città eterna versava e, soprattutto, il fatto che la maggioranza dei cardinali componenti la Curia fossero di origine francese. Bisogna attendere il 1377, ovvero, il momento in cui ci sarà l’energico intervento della nostra santa senese, per ricominciare a parlare di una proposta di ritorno del pontefice a Roma. Se la Francia era ben felice di avere il papato nei suoi confini, l’assenza del Vicario di Cristo nell’Urbe stava divenendo pesante, com’era già ben evidente nel malessere e il disorientamento vissuti dalla cristianità della Penisola.

Non sarebbe tuttavia corretto limitare ad una mera questione di fede la richiesta di Firenze al papa tramite Caterina, immaginando che essa non celasse degli interessi politici; sono facilmente intuibili invece le ragioni per le quali si pretendeva che la corte papale ritornasse a Roma. Infatti, da quando il pontefice l’aveva lasciata, la città eterna era amministrata da vicari papali che non godevano di nessuna considerazione, e non erano quindi idonei a gestire le continue rivolte cittadine aizzate dai partiti politici avversari. A rincarare la dose c’era anche Firenze, che provava ad accrescere il malcontento dei cittadini romani nei confronti di questi sostituti papali.

Fu così allora che Caterina partì per Avignone; la Nostra non era nuova a papa Gregorio XI, che aveva già ricevuto da lei delle lettere infuocate e ammonitrici sul suo operato. Da molto tempo il pontefice ne aveva sentito parlare e, per tenerla sotto controllo, le aveva affiancato un confessore, un uomo giusto, che doveva essere in grado di determinare se questa donna così stravagante – che digiunava, che assisteva i malati, che si flagellava per punire il suo corpo – potesse essere, o meno, meritevole della fama che la precedeva. Prima ho asserito che di Caterina sappiamo tanto grazie alla testimonianza di sua madre – ed è vero –, ma chi interrogò Lapa? Fu proprio il confessore inviato dal papa – il Beato Raimondo da Capua – che capì immediatamente lo spessore della donna cui si trovò innanzi. La cosa importante da ribadire è che fu una donna – e non un uomo – che, con la sua autorevolezza e il suo zelo, riuscì ad ottenere il ritorno della sede papale a Roma.

Il Santuario Casa di Santa Caterina

Ovviamente non si può non iniziare dal luogo che ha visto nascere Caterina: la sua casa, oggi un santuario a lei dedicato. Ci troviamo nella Nobile Contrada dell’Oca, motivo per il quale Caterina è chiamata anche la Santa dell’Oca sebbene al tempo la contrada, come la conosciamo oggi, ancora non esistesse. Entrando nel cortile antistante la casasantuario, ci troviamo in uno spazio conosciuto come il Portico dei Comuni d’Italia; il motivo di tale denominazione è dovuto al fatto che molti comuni del nostro Paese hanno donato la cifra corrispettiva del costo di un mattone alla città di Siena per costruirlo. Un gesto simbolico per evidenziare che Caterina è la santa d’Italia. La porta di accesso al vero e proprio santuario è una mirabile opera in ferro battuto rappresentante lo scambio tra il Sacro Cuore di Cristo e quello di Caterina.

L’Oratorio del Crocifisso

Sulla destra troviamo il cosiddetto Oratorio del Crocifisso, una chiesa seicentesca che rappresenta uno dei migliori esempi di arte barocca a Siena. La sua denominazione si deve alla presenza, all’interno, di una croce dipinta che, oltre ad essere una delle più antiche conservatesi in Toscana (XII secolo), è l’effige davanti alla quale, secondo la tradizione, Caterina ricevette le stigmate.

Insieme a san Francesco, anche la Nostra ebbe sul suo corpo le ferite della Passione di Cristo, ma a differenza di quelle del santo di Assisi – o del più recente san Pio da Pietralcina – che furono tangibili, quelle di Caterina non vennero rese visibili, assecondando la sua precisa volontà di perseguire l’esperienza della sofferenza patita da Cristo sul Golgota, in maniera intima e senza essere compatita.

L’ Oratorio della Cucina

Sempre al piano terra del santuario, nella parte sinistra, è presente l’Oratorio detto della Cucina – la parte più antica dell’abitazione della famiglia Benincasa, corrispondente appunto alle antiche cucine. Oggi questo ambiente è interamente decorato con tele tardo cinquecentesche, che rappresentano episodi della vita pubblica di Santa Caterina. Le tele qui conservate sono un ottimo modo per conoscere in dettaglio i momenti salienti della sua esistenza. Tra le altre, partendo dal muro di destra, possiamo riconoscere:

Il Papa torna a Roma, di Alessandro Casolani, 1583. Abbiamo già trascritto il fondamentale ruolo della santa nel riportare il Pontefice in Italia; senza di lei, probabilmente, oggi il Vaticano non sarebbe la sede del pontefice.

Lo sposalizio mistico di santa Caterina, Bartolomeo Neroni detto Il Riccio e Alessandro Casolani, 1570. Come anticipato, la santa divenne sposa di Cristo e, seguendo un’iconografia piuttosto tradizionale, il tutto avviene con l’intercessione della Vergine Madre di Dio.

• Sull’altare, dipinta su tavola, abbiamo la tela che rappresenta santa Caterina che riceve le Stimmate, Bernardino Fungai, 1495.

• Posta sulla parete immediatamente a sinistra abbiamo invece la tela che rappresenta santa Caterina libera un’ossessa, Pietro Sorri, 1587.

Tra i vari incarichi dell’ordine dei domenicani infatti, vi era anche quello della confessione, pratica che Caterina, in quanto terziaria dell’ordine, era solita operare, anche e soprattutto per i condannati a morte.

• In controfacciata invece è collocata la canonizzazione di santa Caterina, di Francesco Vanni, 1600. Fu il papa senese Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini che la proclamò santa nel 1461.

Oltre ai “teleri”, anche il pavimento, composto da mattonelle originali del Cinquecento, è una meravigliosa opera da ammirare.

L’Oratorio della Camera

Superato il bookshop, scendiamo la scivolosa scalinata di travertino che porta al piano interrato, dove è ubicata la zona della cameretta di Caterina. Questo ambiente è stato affrescato con le storie dell’infanzia della Nostra da Alessandro Franchi, noto esponente della Scuola purista dell’Ottocento senese, impegnato in importanti cantieri della città, come ad esempio nell’ideazione dei mosaici dorati sulla facciata del Duomo o rifacendo, sempre in Cattedrale, parte delle tarsie del Beccafumi sotto la cupola. Qui, in uno stile decisamente diverso da quello che abbiamo incontrato al piano superiore, sono nuovamente raccontate le storie della vita di Caterina, a partire dalla sua infanzia con il Taglio dei capelli, la Madre che vede la figlia salire le scale sospesa, il Padre della santa la vede con una colomba bianchissima in testa, continuando con il Dono di un abito a Gesù in veste di pellegrino e ancora le Nozze mistiche, la Madonna che dona suo figlio Gesù alla santa ed infine Gesù Cristo che of re alla santa due corone, una di spine e una di gemme.

 

La Basilica di san Domenico  

La Cappella della Volte

Usciamo dal santuario e prendiamo la strada sulla sinistra in salita (a Siena è sempre tutto in salita) andando verso la Basilica cateriniana di San Domenico, un’altra tappa fondamentale del nostro percorso in quanto chiesa da lei prediletta per la preghiera.

La vita contemplativa era quindi, per Caterina, sempre alternata alla vita attiva. Seppur conducendo un’esistenza del tutto simile al monacato, Caterina fu una “terziara”, quindi non conobbe mai la clausura, ma ebbe la libertà di muoversi tra la gente, con una vita pubblica che, come si diceva, fu davvero fuori dal comune.

Entriamo nella Basilica, e subito sulla destra incontriamo la Cappella delle Volte, luogo dove lei soleva sostare per ore in preghiera e dove, secondo la tradizione, si verificarono alcuni eventi prodigiosi.

Qui, fra le tele seicentesche che ricordano episodi della sua vita, abbiamo quello che consideriamo il ritratto di Caterina, ovvero un affresco che la ritrae, ad opera Andrea Vanni, un artista che conobbe personalmente la santa; questo fatto ci fa pensare che in quel volto, comunque idealizzato, si possa ritrovare una certa somiglianza al volto reale di Caterina.

La Cappella della Sacra Testa

Sul lato destro della navata della basilica, all’interno di una teca di vetro, si conservano alcuni degli effetti personali della ragazza di Fontebranda, come il cilicio che era solita usare per le sue punizioni corporali.

Un altro segno importante del suo corpo è custodito all’interno dell’adiacente cappella realizzata in occasione della sua canonizzazione, avvenuta per mano di Pio II nel 1461, che ne promosse anche il culto. Il pontefice si rese conto, infatti, dell’importanza di diffondere il culto di una figura così forte e giusta, in un secolo tormentato come si stava dimostrando essere il Quattrocento.

Se vi avvicinate alla balaustra di marmo giallo della Montagnola senese potete osservare coi vostri occhi l’importante reliquia: la venerata testa della santa.

Il resto del suo corpo è invece conservato presso la Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, oltre ad altre sue piccole reliquie sparse per il Paese.

L’Oratorio di Santa Caterina della Notte

Della presenza di santa Caterina ci sono tracce ovunque in città, con statue ed epigrafi, ma dopo averne conosciuto l’infanzia e l’età adulta, l’ultima tappa del nostro percorso è il luogo dove Caterina si prese cura dei malati: l’antico Ospedale di Santa Maria della Scala. In questo grandioso complesso – già descritto nel libretto precedente – quello che si lega direttamente all’operato della santa senese si trova nel piano interrato ed è l’Oratorio di Santa Caterina della Notte, il luogo dove lei era solita addormentarsi sfinita dopo essersi presa cura dei più bisognosi per tutto il giorno.

Qui, tra teschi e decorazioni Sei-Settecentesche che ci ricordano la caducità della vita, è possibile vedere precisamente il punto in cui, secondo la tradizione, Caterina si addormentava e dove oggi è conservata una statua settecentesca come ricordo (vedi immagine in copertina).

Testi a cura di Ambra Sargentoni (Ambra Tour Guide) Coordinamento editoriale: Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Archivio Comune di Siena, Leonardo Castelli, Grafica: Michela Bracciali

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