1.1 Arte e storia lungo la Via Lauretana
Un tragitto da percorrere sulle orme di pellegrini e artisti, guidati dalla storia e avvolti dal fascino di paesaggi unici. È il tratto di Via Lauretana, che si immerge nelle Crete Senesi e che collega Arbia con il capoluogo Asciano.
Un itinerario spirituale tra i più antichi e suggestivi del territorio. Un viaggio in territori ricchi di arte, archeologia e manifestazioni devozionali, consigliato soprattutto a chi ama l’aspetto culturale dei cammini. È un percorso che consente al pellegrino di perdersi tra suggestivi paesaggi fatti di dolci colline e distese pianeggianti fino ad arrivare a centri abitati di rilevante interesse storico e artistico.
Chiesa di Santa Lucia
Dalla SP 438 i primi passi muovono verso la strada bianca che conduce a Medane che fin dall’XI secolo (anno 1081) ospitava la chiesa di Santa Lucia, nota anche sotto il titolo di santa Cecilia. Sul finire del XIII secolo, la chiesa, intitolata già a santa Lucia, passa sotto le dipendenze delle monache di sant’ Abbondio, come rivela un documento del 1285. La chiesa fu probabilmente riedificata nella seconda metà del XVI secolo ed inserita, seguendo una precisa simmetria progettuale, all’interno della Villa di Medane dove la troviamo tuttora. Nel XVII-XVIII secolo l’edificio religioso era dedicato ai santi Girolamo e Lucia.
Chiesa di Sant’Andrea
Il percorso ci porta poi verso Leonina con un tragitto segnato che, aggirando il borgo, conduce sopra le celebri biancane. Da qui si gode di una vista unica nel cuore di uno degli angoli più fotografati della Toscana. Lasciandosi poi alle spalle “Le Site Transitoire”, scultura realizzata da Jean Paul Philippe, si giunge al borgo di Mucigliani dove si trova la chiesa di Sant’Andrea che custodisce, nella lunetta, una terracotta policroma di forma circolare raffigurante la Madonna con Bambino. Ma è a Mucigliani, sulla facciata di un’abitazione, che è ancora oggi visibile una splendida maiolica dipinta in blu, verde, giallo, bruno manganese, che ha come soggetto la Madonna di Loreto, sicuramente un retaggio dell’antica devozione.
Chiesa di Sant’ Angelo di Terentino
Passo dopo passo si arriva poi a Vescona e poco dopo, con una deviazione dalla località Fontanelle verso la via di Torre a Castello attraverso le chiese scomparse di Calceno e Crofeno e, a seguire, la chiesa di Sant’ Angelo di Terentino. Nella stessa località sono documentati un mulino, un ospizio e un ponte sul fiume Ombrone che permetteva ai viandanti della strada Scialenga di raggiungere la sponda sinistra del fiume e quindi Asciano presso il borgo di Camparboli.
Ponte del Garbo
Giunti in prossimità di Asciano si trova il Ponte del Garbo detto in antichità “di Rencine”. La denominazione Garbo ha sempre suscitato molta curiosità pur non riscontrando effettivi riscontri. Tradizionalmente, ma senza fondamento, si suole associare il termine alla battaglia di Montaperti del 1260, quando gli Ascianesi, lottando al fianco di Siena, si distinsero particolarmente da fregiarsi dell’appellativo di garbati. L’aggettivo poteva derivare dal nome di alcune stoffe pregiate in uso nel medioevo, e pertanto si associava a individui di rilievo e spessore sociale (forse portoghesi da “Algarve”); sembra che il termine sia ottocentesco. La presenza in epoca medievale di un ponte Umbronis prossimo ad Asciano e lungo la via principale per Siena, è testimoniata solo dalla seconda metà del XIII secolo. Il ponte viene ricordato attraverso i secoli soprattutto per i danni ed i crolli subiti dalle strutture a cui facevano seguito non sempre celeri ricostruzioni. Nel 1944 fu fatto detonare dall’esercito nazista. Presso il ponte esiste un’edicola con stemma mediceo in alto, che contiene una ceramica policroma di Madonna con Bambino, danneggiata durante la distruzione del 1944; trovata in fondo al fiume quasi intatta l’icona sacra fu riposizionata dopo una processione devozionale.
Cappella viaria di San Sebastiano
Oltrepassato il Ponte del Garbo, nel tratto della Via Lauretana che introduce ad Asciano, nel sobborgo di Camparboli, troviamo sul lato sinistro della strada la Cappella viaria di San Sebastiano. All’interno della cappella, è affrescata l’Assunta con i santi Sebastiano, Tommaso e Agata, patrona di Asciano, opera di fine ‘400 attribuita a Benvenuto di Giovanni e al figlio Girolamo di Benvenuto. Poco distante la chiesa della Madonna del Giardino. La struttura, costruita grazie alle oblazioni dei fedeli, era curata direttamente dalla comunità che eleggeva tre operarii o santesi e un camarlengo, ed era officiata dai frati agostiniani. Successivamente, tra XVII e XVIII secolo, vi risiederà un frate eremita.
Palazzo Corboli
Giunti nel centro storico di Asciano, entrati dalla Porta Senese o Porta del Bianchi, a poca distanza è imperdibile una sosta nel museo di Palazzo Corboli. Qui la sezione di arte sacra propone opere di artisti quali Giovanni Pisano, Segna di Bonaventura, Ambrogio Lorenzetti, Francesco di Valdambrino, tavole quattrocentesche del Maestro dell’Osservanza, di Pietro di Giovanni d’Ambrogio, Matteo di Giovanni, Giovanni di Paolo: si tratta di opere di artisti senesi che celebrano, in “provincia” e a distanza di un secolo, la tradizione della pittura cittadina dei maestri trecenteschi a dimostrazione di un filone di committenze della nascente aristocrazia agraria. Il percorso prosegue con importanti testimonianze dei secoli successivi, tra i quali la Crocifissione di Bernardino Mei, tra i massimi interpreti del barocco senese; in alcune sale del secondo e terzo piano è allestita la sezione archeologica, con reperti che documentano gli insediamenti etruschi dell’Alta Valle dell’Ombrone, in particolare rinvenuti negli scavi delle necropoli del Poggione e di Poggio Pinci.
Chiesa di Sant’Agostino
Usciti nuovamente dal museo si prosegue lungo corso Matteotti e, sulla sinistra, si trova la chiesa di Sant’Agostino. Al suo interno sono rappresentati in affresco i santi Cristoforo (protettore dei viandanti) e Sebastiano, inoltre sempre in tema lauretano, nell’altare centrale di sinistra vi è una tela raffigurante san Nicola da Tolentino, frate agostiniano che per primo vide il miracolo della Santa Casa posarsi nei pressi di Loreto. Lungo il tragitto della via principale di Asciano sono posizionati degli affreschi murali di cui rimangono ben visibili resti. È curioso notare che i due suggestivi affreschi siano espressamente orientati, verso coloro che provengono da Siena. Il primo, Madonna in trono con il Bambino, si trova all’imbocco di via Santa Maria. La posizione è estremamente significativa: infatti sulla via di pellegrinaggio, questa raffigurazione è assai visibile e funge da guida sul percorso. Sono andate perdute le figure laterali alla Madonna che rappresentavano proprio il protettore dei viandanti, ossia san Cristoforo e san Giovanni Battista, titolare della chiesa di fronte (oggi San Bernardino) e del limitrofo ospizio. Il volto della Madonna è lievemente inclinato verso destra, mentre quello del Bambino si rivolge direttamente al viandante che percorre la strada a sinistra e addirittura il suo sguardo punta verso il basso in direzione del pellegrino. Il secondo affresco raffigurante la Madonna in trono con il Bambino con san Michele Arcangelo e sant’Agata, è visibile percorrendo corso Matteotti dalla Porta del Bianchi e giungendo nella piccola piazzetta detta “la Pianella” dagli Ascianesi che si apre discreta sulla destra ed è adornata da una piccola fontana.
Oratorio della Compagnia di Santa Croce
Poco distante, di lato alla basilica di Sant’Agata, si trova l’oratorio della Compagnia di Santa Croce. Diametralmente opposta al portale d’ingresso si trova l’entrata alla sacrestia, in cui sono custodite numerose opere sacre, tra le quali la piccola statua lignea della Madonna di Loreto che, secondo la tradizione, sarebbe stata prima collocata a Canapaia presso Torre a Castello. In seguito sembra che nel dopoguerra, tale statuetta sia stata trasportata ad Asciano per motivi di sicurezza, da Mons. Angelo Sadotti, parroco della basilica di sant’Agata. L’ altezza della statuetta misura poco più di un metro. La figura della Madonna è rappresentata in piedi su un piedistallo, anch’esso ligneo. I colori dominanti sono l’oro e il bianco lucido, che contrastano con l’incarnato scuro della Madonna e del Bambino che tiene in braccio, con i loro occhi castani e capelli corvini ondulati. I corpi delle due figure appaiono appena sagomati, al di sotto della veste a campana, tipica della Madonna di Loreto.
Basilica di Sant’Agata
Imperdibile una visita poi nella basilica di Sant’Agata. Oltre la devozione per il crocifisso ligneo ritenuto miracoloso e del quale la devozione ascianese ricorda con la festa e processione di settembre dedicata al Santissimo Crocifisso (fin dalla metà del XVIII secolo), la chiesa conservava in tema lauretano, proprio una tela raffigurante la Madonna di Loreto (oggi scomparsa), come riportato dall’inventario di Brogi di metà Ottocento.
Chiesa di San Francesco
All’incrocio tra via Roma e via Dante Alighieri, la strada che porta alla chiesa di San Francesco, si trova la formella della Madonna delle Vertighe. Raffigura la Madonna di Loreto in trono con in braccio il Bambino. La Vergine è sempre ben riconoscibile grazie al particolare mantello con cui viene sempre rappresentata, nel caso della nostra formella, è riprodotto in maniera originale e di effetto. Il colore di base utilizzato dall’artista per la veste è il giallo, che rimanda immediatamente all’oro.
Pieve di Sant’Ippolito
Il nostro percorso ci porta poi verso la tappa finale: la pieve di Sant’Ippolito. La chiesa, oggi privata, si presenta ad una navata, un unico altare e un affresco sopra di esso, posizionato in un’edicola a forma di lunetta nella parte alta. L’affresco attribuito già dai primi dell’800 ad un artista senese minore (Giacomo Pacchiarotti) presenta una Sacra Conversazione composta dalla Madonna in Trono col Bambino e i santi Pietro, Paolo, Ippolito e Cassiano. Ai lati dell’immagine centrale il dipinto continua con finte nicchie nelle quali si trovano, a sinistra le figure di san Domenico e sant’Agostino, a destra sant’Antonio da Padova. All’estrema destra dell’affresco è stata scoperta dopo il restauro un’ultima immagine che in epoca imprecisata, era stata sostituita da un finto tendaggio; oggi le labili tracce non permettono un riconoscimento chiaro, anche se l’ipotesi più convincente fa pensare ad un san Gerolamo penitente. Di questo bellissimo affresco, eseguito a più mani, come appare chiaro, è abbastanza certa l’attribuzione ad artisti umbri. Secondo lo storico dell’arte Divo Savelli, di scuola umbra sarebbe infatti la Madonna con Bambino attribuita al Pinturicchio maestro di bottega di Raffaello. Ma ciò che colpisce a prima vista è indubbiamente il volto adolescente e raffinato del giovane sant’Ippolito, con mantello e spada, l’unico che si rivolge verso l’osservatore; esperienza vuole che di solito dietro questa tipologia di volti si celi l’autoritratto dell’autore. Ebbene dalla sovrapposizione dei tratti somatici tra questo viso e alcuni autoritratti di un famoso pittore, si denota la somiglianza alquanto stupefacente con Raffaello, soprattutto con un altro autoritratto, (tra l’altro perfettamente sovrapponibile) e custodito all’Ashmolean Museum di Oxford.
Sulla superficie pittorica del colletto del giovane santo, si percepisce la celeberrima firma RAPH. V. (in latino RAPHAEL URBINAS) benché leggera, tenue, corrosa e chiara. Se così fosse tutto avrebbe una spiegazione, poiché come risulta dalle relazioni dei pellegrinaggi del tempo, fra i vari impegni del buon pellegrino lauretano, vi era quello di dedicarsi a Dio alla vigilia della partenza per un gioioso ma anche faticoso e pericoloso percorso penitenziale. È possibile quindi che questa firma scopra un Raffaello, in quanto peraltro cittadino marchigiano, intimamente devoto alla Madonna di Loreto.
Brochure a cura di Toscanalibri.it
Testi di Cristian Lamorte Coordinamento editoriale:
Elisa Boniello e Laura Modafferi
Foto: Primamedia, Sabrina Lauriston e Leonardo Castelli
Grafica: Michela Bracciali